Limo è
a cura di Alice Devecchi
Land Art al Furlo Sant’Anna del Furlo (Fossombrone, PU)
23 agosto al 21 settembre 2014
Negli occhi e nelle mani degli artisti della V Land Art al Furlo si schiude l’immensa ricchezza che la minuscola parola LIMO custodisce. I suoi significati si sono declinati in un caleidoscopio di parole che di volta in volta ne hanno tradotto aspetti diversi. LIMO è eredità – legacy si usa dire – stratificazione, deposito di senso, reinterpretazione e riuso, riconoscimento del valore dello scarto, rinascita e rigenerazione, radicamento, lettura attenta del genius loci, fertile fecondità. L’ondata della V Land Art al Furlo lascia sulle sponde della Casa degli Artisti nuova linfa, più che semplicemente artistica, culturale nel senso più profondo che la parola eredita dall’azione del coltivare.
Come speravo che accadesse, gli sguardi degli artisti partecipanti hanno arricchito la voce LIMO del mio personale vocabolario. La mia versione del LIMO risale al piovoso novembre 2013, quando il Candigliano si gonfiò smisuratamente minacciando devastazione. Nelle Sale del Castellare di Palazzo Ducale, l’Accademia di Belle Arti di Urbino presentava ”Random3”, esposizione dei lavori dei migliori studenti dell’anno in corso. La parola random, nelle intenzioni dei curatori, rappresentava la guida alla lettura delle opere in mostra, disposte secondo un’onda di senso liberamente costruita e ricostruibile a piacimento da ogni visitatore.
La struttura elastica a maglie larghe si adatta alla Land Art al Furlo come un abito su misura. Nel solco del principio di spontaneità dell’intervento artistico che aveva ispirato le quattro edizioni precedenti e con il conforto di esempi illustri di esposizioni storiche come “Arte povera più Azioni povere (Amalfi, 1968) e “When attitudes become form” (curata dal grande Harald Szeeman nel 1969 a Berna), ho scelto una linea curatoriale in cui la massima libertà conferita all’artista, sia nelle modalità di partecipazione che nella scelta del luogo, avesse un solo vincolo: interpretare un tema. Il tema è germogliato spontaneamente dallo stesso terreno su cui sorgono le opere delle quattro passate edizioni della Land Art al Furlo. Si può dire che anche il tema è site related, come gli interventi degli artisti. Il fiume Candigliano, con le sue piene ad ondate alterne, è il protagonista involontario di ciò che accade sui suoi argini. L’attività instancabile della Casa degli Artisti deve metaforicamente la sua fertilità culturale alla ricchezza di un terreno bagnato dalle acque limacciose del fiume.
Così dal fiume è venuto il LIMO, che si porta dietro un’eco antica dall’Egitto nella performance di Anahi Angela Mariotti ed Elisabetta Serpi, intitolata “Hathor” come la divinità egizia della grande inondazione, ambientata nell’evocativa “Rinascita” di Isabella Lacquaniti .Dal Nilo viene il LIMO utilizzato da Thea Tini e Sebastiano Minguzzi per “Panta Rei”, e dal Candigliano viene il LIMO usato per le uova di ceramica che Yvonne Ekman innesta su una sua opera preesistente al Furlo. Del LIMO Rovo Piacentini fa uso nel titolo della sua “Limospecific”. Riutilizzare e rileggere un’opera presentata in una precedente edizione, rende per Maria Cristina Biggio il senso di eredità e di stratificazione che consegue al depositarsi del LIMO, come il sequel di Adolfo Tagliabue che presenta “Sguardi dal Ponte 1 e 2”, o come la riscrittura, quasi un antico palinsesto, di Gabriele Bianconi sulla sua home gallery. Riuso è anche quello di Valerio Anceschi, che lavora con il ferro risultante dallo scarto dell’ossitaglio per costruire impalpabili equilibri aerei, che qui si ramificano in rosso acceso dalla damascena bizantina del vialetto della Casa. Il valore dello scarto è per Maria Cristina Ballestracci il movente dei suoi “Relitti” montati con fine intelligenza insieme a versi poetici che restituiscono loro nuovo senso.
L’acqua è lo “Spirito del Fiume” per Simonetta Ceriachi, ma l’acqua del fiume lasciata sedimentare in vecchie bottiglie d’affezione è per Aurelio Buono evocazione dello scorrere del tempo. La forza generatrice dell’acqua piovana ispira Elisa Latini che ne svela il ritmo e il rapporto con il fiume filtrandola con una stoffa naturale che la convoglia in recipienti d’argilla. Sedimenti del passaggio del fiume sono le pietre che Davide Gago utilizza nel suo “Sorgente. Letto di fiume”. Sul letto del fiume Paolo Assenza ripone la sua opera lasciando che la corrente ne scriva il destino, mentre “Sedimenti” di Antonio Sorace svela relitti di antiche storie riemerse dal fiume. Dei sassi del Furlo Arianna Bonamore estrae la storia segnandone le rughe millenarie. Mentre Germano Serafini medita sugli strati geologici della roccia sottolineandone la morbida curva con un mosaico di specchi che scompongono il riflesso del paesaggio.
Il Collettivo 72.75 sceglie lo specchio come strato artificiale che si innesta tra cielo e fiume. LIMO significa fertilità per Paolo Manfredi che fa sbocciare una ninfea dalle mani della terra; e per il giovanissimo Edoardo Marozzi è il luogo “Dove nasce la vita”, in contrasto con l’arida sabbia e il brullo fango; così come il “Pignocco” di Franco Ottavianelli brulica di vita inerbato nel LIMO del Furlo insieme ai disegni dei bambini delle Scuole elementari Pisacane e L’”Albero dei bambini”. Fertile è anche la terra cruda con cui Lucia Di Pierro realizza “Insect nest”, nursery per insetti di cui documenta la trasformazione nel tempo tempo. Altri nidi, ma questa volta di fiume, propone Angela Balducci. Dai cerchi dell’albero, che ne svelano l’età e la storia, si irradia la spirale in canne di bambù di Giorgia Cegna e Giovanna Giusto, coronata da un uovo in ceramica smaltata, depositario della luce della vita. Vita protetta o negata alle radici “in-vestite” dell’albero di Emanuela Camacci.
Nella sezione [FuoriTema] ospitiamo quest’anno le “Wind chimes” di Nedda Bonini e Andrea Pavinato che proseguono la loro ricerca sulla musica delle piante; la “Camera distorta” di Alessio Privitera, rimessa in opera al Furlo dopo essere stata al Mercurdo-Festival dell’Assurdo di Castelvetro di Modena, “Lacrime indigene”, fotoinstallazione di Francesca Nitti, Angela Pezzuto, e una creazione in pura arte ambientale dei due scultori Severino Braccialarghe e Enzo Torcoletti.
Il LIMO della V Land Art è ricco del nutrimento del territorio; da Urbino la piena ha portato un gruppo di studenti di scultura dell’Accademia di Belle Arti (Ignazio Spitaleri, Noa Pane, Andrea Sabbatini Peverieri, Ambra Lorito, Marika Ricchi, Valeria Pilotti) con un progetto corale e quattro studenti dell’ISIA: Giada Fuccelli con il reading poetico “La distanza dall’albero”; Davide Belotti, Riccardo Cavallaro e Antonino Rizzo che, basandosi sui principi dell’estetica relazionale di Bourriaud, indagano sui rapporti tra le persone, e tra le persone e il luogo e presenteranno “Scorrere” nell’ultima giornata della mostra open air. Riallacciandosi così alla prima giornata, in cui la relazione tra le persone e il luogo vive nel progetto “Not Here”, un segno giallo infinitamente replicabile, un marchio in difesa della cultura indipendente e degli spazi occupati di Mauro Cuppone e Giorgio de Finis, ideatore e curatore del MAAM di Roma.