Figura/Volume
a cura di Alberto Veca
Circolo Culturale Bertolt Brecht,via Padova 61, Milano
dal 2 giugno al 12 giugno 2003
È la terza volta, consecutivamente in questi ultimi anni, che impegno l’ambiente del circolo Bertolt Brecht con una temporanea e ridotta collazione di opere. L’amicizia e la stima con Anna Rodolfi e con lo staff che con lei collabora, evidentemente costituiscono un singolare caso di “sentire comune”, fatto non di scelte omologate, che rende possibile un “terreno comune” su cui confrontarsi.
Anche in questa occasione è la scultura a porsi come protagonista dell’avventura, non perché le pareti del locale siano inadatte a ospitare opere bidimensionali, piuttosto perché il “luogo difficile”, come tale impegnativo e interessante, è proprio il “vuoto intorno ai muri” che mi sembra bello pensare come spazio della “piazza”, dove possa aver luogo il discorrere “civile”, del cittadino e non del suddito.
Credo che, oggi più di ieri, sia necessario ricevere segnali e messaggi non impositivi, accattivanti o all’opposto scandalistici, in un termine sintetico “pubblicitari” come sembra invece proporre lo stile delle “nuove proposte” e di quelle vecchie convertite all’attualità che ingombrano le attuali “fiere” trasformate in “ipermercati delle arti figurative”, nell’adeguamento a un “consumo” dell’opera d’arte come merce che solo apparentemente sembra replicare la conflittualità di un parigino “salone dei rifiutati” rispetto a quello ufficiale.
Se, invece, un filo comune può legare gli artisti/amici chiamati nell’occasione è quello, indipendentemente dall’età diversa, quindi dal diverso percorso dei singoli, è da scoprire nella ricerca dell’artista di una “figura” e di un volume “inventati”, quindi “trovati” a partire da materiali comunemente acquisiti, se non quotidiani, fra prodotto industriale immediatamente anonimo e scarto dalle origini più variegate, in una ricerca altalenante fra asperità e levigatezza, bruschi scarti e continuità, agevole passaggio dall’uno all’altro frammento di cui è composta l’opera.
Non si tratta, allora, della logica dell’objet trouvé, carica di connotazioni anche critiche nei confronti del materiale scelto, ricca di una appariscente “sorpresa”, quanto di una più discreta “simpatia” nei suoi confronti, un sentimento di cui abbiamo non solo congiunturalmente, oggi, un considerevole bisogno.
Alberto Veca
Milano. primavera 2003